Drone esplora il relitto sorprendentemente intatto dell’Hms Terror nelle gelide acque del Mar Artico
05/09/2019 Archiviato in: LiguriaNautica
La nave britannica era salpata nel 1845 per scoprire la rotta del mitico passaggio a nord ovest ma sparì nel nulla
Una scena dalla serie televisiva The Terror dedicata alla perduta spedizione Franklin
La nave di sua maestà britannica Terror lasciò il piccolo porto di Greenhithe, nel Kent, il 19 maggio del 1845, assieme alla sua gemella, l’Hms Erebus. La spedizione era comandante dall’esploratore John Franklin ed aveva l’incarico di disegnare la rotta del mitico passaggio a Nord Ovest che doveva collegare l’oceano Atlantico a quello Pacifico, attraversando le zone artiche. Nell’agosto di quello stesso anno, alcune baleniere riferirono di aver visto le due navi inglesi entrare a vele spiegate nella baia di Baffin e dirigersi a ovest. Poi, nessuno ne seppe più nulla.
La scomparsa della Terror e della Erebus inghiottite dal gelido pack polare fu insieme un mistero ed una tragedia. Nei libri di storia delle esplorazioni artiche, la “perduta spedizione di Franklin” viene considerata come il più grande insuccesso inglese che costò la vita di tutti i 129 membri dell’equipaggio. Successive spedizioni britanniche partirono alla ricerca delle due navi scomparse, senza però mai riuscire a trovare i resti delle due imbarcazioni. I soccorsi riuscirono comunque, grazie all’aiuto di cacciatori inuit, a raccogliere i corpi di alcuni marinai incastrati nei ghiacci.
Nessuna risposta sui motivi che indussero i marinai inglesi ad abbandonare le navi che, pure se incastrare nel pack, erano rifornite di tutto punto e avrebbero, perlomeno teoricamente, consentito loro di sopravvivere sino all’arrivo dei soccorsi. Gli esploratori invece decisero di lasciare gli scafi e tentare una impossibile marcia in un mare coperto di ghiaccio verso l’irraggiungibile avamposto di Fort Providence. Sempre i cacciatori inuit, riferirono che i marinai inglesi erano stati colpiti da uno strano morbo. Molti erano impazziti e si erano lasciati andare a pratiche di cannibalismo.
Una delle ipotesi più accreditate e formulata in età moderna, è che i marinai si siano intossicati sino a perdere il lume della ragione dando fondo alle scorte alimentari conservate in contenitori di piombo e contaminate dal botulino. Ma il destino della Terror e della sua gemella Erebus continuò ad essere ammantato da un alone di mistero, perlomeno sino a quando, nel settembre del 2014, il sonar di una spedizione canadese segnalò il relitto di una nave ottocentesca adagiata sul fondale antistante l’isola di Re Guglielmo. L’ipotesi che fossero i resti di una delle due navi della spedizione perduta fu convalidata quando, due anni dopo, fu ritrovato a poca distanza anche il relitto della seconda nave. Scherzi del destino, la baia sul cui fondale fu trovata la seconda nave, che era proprio al Terror, si chiama proprio Terror Bay!
Il timone sorprendentemente intatto fotografato dal drone nella plancia dell’Hms Terror
Le navi perdute erano state finalmente ritrovate ma la profondità del fondale e le difficilissime condizioni climatiche rendevano praticamente impossibile la loro esplorazione da parte di una equipe di subacquei. Per fortuna, dove l’uomo non arriva con le sue gambe (o pinne), ci pensa la tecnologia. I ricercatori inuit della Parcs Canada, l’organo ministeriale che si occupa del patrimonio culturale del Paese, hanno messo a punto uno speciale drone a gestione remota che qualche giorno fa è riuscito ad entrare dentro il relitto dell’Hms Terror scoprendolo incredibilmente intatto! Il gelo e la mancanza di micro organismi, unitamente al buio e allo strato di limo che ha coperto ogni cosa, ha preservato non solo il legno dello scafo ma anche gli strumenti e le stesse carte nautiche. I ricercatori sperano di riuscire ad entrare in possesso dei diari di bordo che potrebbero addirittura rivelarsi in parte leggibili.
Ryan Harris, il pilota del drone, ha dichiarato: “E’ stata una grande emozione. Abbiamo avuto l’impressione di entrare in una nave appena abbandonata dal suo equipaggio e dimenticata dal trascorrere del tempo”.
La vicenda dell’Hms Terror ha stimolato molti scrittori. Su tutti, ci fa piacere ricordare uno dei nostri preferiti, Dan Simmons, che con un tempismo cinematografico, proprio qualche anno prima della scoperta dei due relitti ha pubblicato “The terror” che trovate in italiano anche col titolo “La scomparsa dell’Erebus”. C’è anche una omonima serie televisiva, giunta ormai alla sua seconda stagione, tratta per l’appunto dal romanzo di Simmons.
E il passaggio a Nord Ovest? Dopo la scomparsa della spedizione Franklin, la mitica rotta artica che doveva unire i due continenti rimarrà un mistero per un altro mezzo secolo, sino a che, nel 1906, un ostinato norvegese si mise in testa di convertire un vecchio peschereccio per la pesca delle aringhe in una improvvisata nave polare e partì alla sua scoperta. Tutto questo, giusto in tempo per fuggire ai creditori che lo braccavano. Si chiamava Roald Amundsen. Ma questa è davvero un’altra storia!
In questo video, la Parcs Canada ci porta dentro il relitto della Hms Terror
Una scena dalla serie televisiva The Terror dedicata alla perduta spedizione Franklin
La nave di sua maestà britannica Terror lasciò il piccolo porto di Greenhithe, nel Kent, il 19 maggio del 1845, assieme alla sua gemella, l’Hms Erebus. La spedizione era comandante dall’esploratore John Franklin ed aveva l’incarico di disegnare la rotta del mitico passaggio a Nord Ovest che doveva collegare l’oceano Atlantico a quello Pacifico, attraversando le zone artiche. Nell’agosto di quello stesso anno, alcune baleniere riferirono di aver visto le due navi inglesi entrare a vele spiegate nella baia di Baffin e dirigersi a ovest. Poi, nessuno ne seppe più nulla.
La scomparsa della Terror e della Erebus inghiottite dal gelido pack polare fu insieme un mistero ed una tragedia. Nei libri di storia delle esplorazioni artiche, la “perduta spedizione di Franklin” viene considerata come il più grande insuccesso inglese che costò la vita di tutti i 129 membri dell’equipaggio. Successive spedizioni britanniche partirono alla ricerca delle due navi scomparse, senza però mai riuscire a trovare i resti delle due imbarcazioni. I soccorsi riuscirono comunque, grazie all’aiuto di cacciatori inuit, a raccogliere i corpi di alcuni marinai incastrati nei ghiacci.
Nessuna risposta sui motivi che indussero i marinai inglesi ad abbandonare le navi che, pure se incastrare nel pack, erano rifornite di tutto punto e avrebbero, perlomeno teoricamente, consentito loro di sopravvivere sino all’arrivo dei soccorsi. Gli esploratori invece decisero di lasciare gli scafi e tentare una impossibile marcia in un mare coperto di ghiaccio verso l’irraggiungibile avamposto di Fort Providence. Sempre i cacciatori inuit, riferirono che i marinai inglesi erano stati colpiti da uno strano morbo. Molti erano impazziti e si erano lasciati andare a pratiche di cannibalismo.
Una delle ipotesi più accreditate e formulata in età moderna, è che i marinai si siano intossicati sino a perdere il lume della ragione dando fondo alle scorte alimentari conservate in contenitori di piombo e contaminate dal botulino. Ma il destino della Terror e della sua gemella Erebus continuò ad essere ammantato da un alone di mistero, perlomeno sino a quando, nel settembre del 2014, il sonar di una spedizione canadese segnalò il relitto di una nave ottocentesca adagiata sul fondale antistante l’isola di Re Guglielmo. L’ipotesi che fossero i resti di una delle due navi della spedizione perduta fu convalidata quando, due anni dopo, fu ritrovato a poca distanza anche il relitto della seconda nave. Scherzi del destino, la baia sul cui fondale fu trovata la seconda nave, che era proprio al Terror, si chiama proprio Terror Bay!
Il timone sorprendentemente intatto fotografato dal drone nella plancia dell’Hms Terror
Le navi perdute erano state finalmente ritrovate ma la profondità del fondale e le difficilissime condizioni climatiche rendevano praticamente impossibile la loro esplorazione da parte di una equipe di subacquei. Per fortuna, dove l’uomo non arriva con le sue gambe (o pinne), ci pensa la tecnologia. I ricercatori inuit della Parcs Canada, l’organo ministeriale che si occupa del patrimonio culturale del Paese, hanno messo a punto uno speciale drone a gestione remota che qualche giorno fa è riuscito ad entrare dentro il relitto dell’Hms Terror scoprendolo incredibilmente intatto! Il gelo e la mancanza di micro organismi, unitamente al buio e allo strato di limo che ha coperto ogni cosa, ha preservato non solo il legno dello scafo ma anche gli strumenti e le stesse carte nautiche. I ricercatori sperano di riuscire ad entrare in possesso dei diari di bordo che potrebbero addirittura rivelarsi in parte leggibili.
Ryan Harris, il pilota del drone, ha dichiarato: “E’ stata una grande emozione. Abbiamo avuto l’impressione di entrare in una nave appena abbandonata dal suo equipaggio e dimenticata dal trascorrere del tempo”.
La vicenda dell’Hms Terror ha stimolato molti scrittori. Su tutti, ci fa piacere ricordare uno dei nostri preferiti, Dan Simmons, che con un tempismo cinematografico, proprio qualche anno prima della scoperta dei due relitti ha pubblicato “The terror” che trovate in italiano anche col titolo “La scomparsa dell’Erebus”. C’è anche una omonima serie televisiva, giunta ormai alla sua seconda stagione, tratta per l’appunto dal romanzo di Simmons.
E il passaggio a Nord Ovest? Dopo la scomparsa della spedizione Franklin, la mitica rotta artica che doveva unire i due continenti rimarrà un mistero per un altro mezzo secolo, sino a che, nel 1906, un ostinato norvegese si mise in testa di convertire un vecchio peschereccio per la pesca delle aringhe in una improvvisata nave polare e partì alla sua scoperta. Tutto questo, giusto in tempo per fuggire ai creditori che lo braccavano. Si chiamava Roald Amundsen. Ma questa è davvero un’altra storia!
In questo video, la Parcs Canada ci porta dentro il relitto della Hms Terror