Al largo di Framura il relitto Marcella: fu il più moderno peschereccio artico al mondo
05/10/2018 Archiviato in: LiguriaNautica
Al largo di Framura, in provincia della Spezia, troviamo i resti di una corvetta famosi per la bizzarra posizione verticale. Ma ancora più bizzarra è la storia della nave
La prua in verticale del relitto della nave Marcella
Scritto per LiguriaNautica - Tra tutti i relitti in cui mi sono immerso quello del cacciasommergibili Marcella è senz’altro il più bizzarro, con quella grande prua in verticale diretta verso il cielo. Sembra che la nave non si rassegni al suo naufragio e cerchi ancora disperatamente di navigare verso la superficie. Ancora più bizzarra è la storia del Marcella. Sono pochi, anche tra coloro che ci si immergono, che sanno che questa non era una nave da guerra destinata al Mediterraneo, ma un peschereccio che solcava il mare Artico!
Il Marcella è stato varato in Francia, nei cantieri navali di Saint Nazaire, nel 1932. Prima che la Kriegsmarine – la marina militare nazista – la confiscasse nel 1942 per trasformarlo in una corvetta antisommergibile con la sigla UJ 2210, il Marcella era considerata il più moderno peschereccio artico del mondo e, grazie alla sua elevata autonomia, riusciva a raggiungere le coste della Groenlandia per calare le sue grandi reti. Oggi, quello che resta del Marcella, o della corvetta UJ 2210 se preferite, giace ad una profondità massima di 65 metri a poca distanza dalle coste di Framura, in provincia della Spezia.
Una rara immagine della nave nei tempi in cui era un peschereccio artico
L’immersione è riservata a subacquei esperti e addestrati all’uso di miscele trimix. Ci si immerge direttamente sulla prua, a meno 45 metri, che è la prima parte della nave che si incontra, perché il relitto, come abbiamo detto, punta verso la superficie. Quindi si scende verso il fondale. E’ consigliabile farlo seguendo i ponti, piuttosto che lo scafo, perché si possono ammirare tra le lamiere grossi gronghi e belle aragoste. Inoltre è interessante illuminare con una torcia e gettare lo sguardo dentro i portelli aperti per vedere cannoni e rastrelliere di proiettili.
La nave sembra incastrata nel fondale del mare dal fumaiolo in giù. In realtà, la poppa è distrutta e i suoi resti sparsi attorno al tronco centrale. I fotografi non perdono comunque l’opportunità di allontanarsi di qualche decina di metri per immortalare l’incredibile e straniante immagine del mezzo scafo del Marcella che si erge perpendicolare al fondale e continua a puntare verso quel punto della superficie del mare dove, nella notte del 27 maggio 1944, il motosilurante inglese MTB 419 lo colpì e lo affondò dopo una furiosa battaglia. Proprio con l’ultimo siluro che gli era rimasto a disposizione.
La prua in verticale del relitto della nave Marcella
Scritto per LiguriaNautica - Tra tutti i relitti in cui mi sono immerso quello del cacciasommergibili Marcella è senz’altro il più bizzarro, con quella grande prua in verticale diretta verso il cielo. Sembra che la nave non si rassegni al suo naufragio e cerchi ancora disperatamente di navigare verso la superficie. Ancora più bizzarra è la storia del Marcella. Sono pochi, anche tra coloro che ci si immergono, che sanno che questa non era una nave da guerra destinata al Mediterraneo, ma un peschereccio che solcava il mare Artico!
Il Marcella è stato varato in Francia, nei cantieri navali di Saint Nazaire, nel 1932. Prima che la Kriegsmarine – la marina militare nazista – la confiscasse nel 1942 per trasformarlo in una corvetta antisommergibile con la sigla UJ 2210, il Marcella era considerata il più moderno peschereccio artico del mondo e, grazie alla sua elevata autonomia, riusciva a raggiungere le coste della Groenlandia per calare le sue grandi reti. Oggi, quello che resta del Marcella, o della corvetta UJ 2210 se preferite, giace ad una profondità massima di 65 metri a poca distanza dalle coste di Framura, in provincia della Spezia.
Una rara immagine della nave nei tempi in cui era un peschereccio artico
L’immersione è riservata a subacquei esperti e addestrati all’uso di miscele trimix. Ci si immerge direttamente sulla prua, a meno 45 metri, che è la prima parte della nave che si incontra, perché il relitto, come abbiamo detto, punta verso la superficie. Quindi si scende verso il fondale. E’ consigliabile farlo seguendo i ponti, piuttosto che lo scafo, perché si possono ammirare tra le lamiere grossi gronghi e belle aragoste. Inoltre è interessante illuminare con una torcia e gettare lo sguardo dentro i portelli aperti per vedere cannoni e rastrelliere di proiettili.
La nave sembra incastrata nel fondale del mare dal fumaiolo in giù. In realtà, la poppa è distrutta e i suoi resti sparsi attorno al tronco centrale. I fotografi non perdono comunque l’opportunità di allontanarsi di qualche decina di metri per immortalare l’incredibile e straniante immagine del mezzo scafo del Marcella che si erge perpendicolare al fondale e continua a puntare verso quel punto della superficie del mare dove, nella notte del 27 maggio 1944, il motosilurante inglese MTB 419 lo colpì e lo affondò dopo una furiosa battaglia. Proprio con l’ultimo siluro che gli era rimasto a disposizione.