La tragedia del Mars e la maledizione della nave dai cento cannoni sorvegliata da uno spettro
19/07/2019 Archiviato in: LiguriaNautica
Gli archeologi subacquei hanno identificato il relitto della nave ammiraglia della Marina svedese di re Enrico XIV affondata nella battaglia di Öland
Un subacqueo tecnico esplora i resti del Mars a 75 metri di profondità
Il suo nome per esteso era Makalös, aggettivo svedese che potremmo tradurre con “incomparabile” o “eccezionale”. Ma venne presto chiamata solo Mars ed era la nave più potente del suo secolo, orgoglio della Marina svedese e del suo grande re, Enrico XIV. Tre grandi alberi a vela spingevano sui freddi mari del nord il Mars e i suoi cento cannoni.
Una potenza di fuoco superiore a quella di tutti i vascelli di tutte le flotte messe in acqua dai regni di Grand Bretagna, di Danimarca, di Prussia e dell’Elettorato di Hannover, che contendevano alla corona svedese la supremazia sul golfo baltico.
Cento cannoni maledetti, ricavati dalla fusione di altrettante campane di bronzo che re Enrico, protestante, aveva confiscato alle chiese cattoliche. Una decisione “blasfema” che, secondo le leggende dell’epoca, fu la causa del tragico destino dell’incomparabile Mars.
Il vascello fu varato nel 1564 e – tanto per dimostrare che la storia sarà anche maestra di vita ma l’umanità ci mette niente a lasciarsela alle spalle – anticipò di 64 anni la tragedia del Vasa, altro superbo ed “inaffondabile” veliero svedese, che affondò a cento metri dal varo. Il Mars, perlomeno, alla sua prima e unica battaglia riuscì ad arrivarci.
Lo stesso anno del varo, la nave “incomparabile” affrontò la flotta danese al largo dell’isola Öland. Ironia della sorte volle che questa fu la prima battaglia navale in cui i cannoni, di cui il Mars era fornitissimo, furono adoperati per affondare le navi nemiche, invece di limitarsi a sparare a mitraglia per “spazzare” i ponti e facilitare l’abbordaggio, come si era fatto sino ad ora.
Ed infatti, nella prima fase della battaglia, il Mars ebbe la meglio ma subito i danesi si riorganizzarono e concentrarono sull’incomparabile un fitto lancio di palle di fuoco che incendiarono la nave.
Fu proprio la grande quantità di polvere da sparo che gli svedesi tenevano a bordo per “nutrire” i loro cento cannoni che, esplodendo, squarciò la nave a prua causandone un repentino affondamento. Il 30 maggio del 1964, l’eccezionale, incomparabile Makalös compì il suo destino e raggiunse le profondità degli abissi marini trascinando con sé almeno 700 marinai.
La battaglia di Öland e l’incendio del Mars dipinto da Claus Møinichen nel 1676
Il Mars era scomparso e già tra i marinai svedesi si mormorava di una maledizione, di una punizione divina scagliata contro la superbia di chi aveva profanato la sacralità delle campane per trasformarle in armi da guerra. Uno spettro, raccontano le leggende, abita il relitto della nave, pronto a scagliarsi contro i profanatori che osano navigare in quelle acque maledette e turbare l’eterno riposo del veliero.
E la maledizione pareva esserci sul serio! Per tanti anni, cacciatori di tesori e archeologi della Soprintendenza svedese hanno cercato i resti della nave senza mai concludere nulla. E se pensiamo all’attenzione con la quale la Svezia – a differenza dell’Italia – studia e gestisce il suo patrimonio archeologico sommerso, qualcosa di vero sembrava esserci, in quella favola dello spettro guardiano!
Ma neppure uno spettro può competere con le moderne tecniche di scandaglio satellitare. Il 19 agosto del 2011 una equipe di archeologi e tecnici subacquei localizzò, infatti, un misterioso relitto a 10 miglia a nord dell’isola di Öland ed a una profondità non impossibile per un subacqueo ben addestrato, 75 metri.
Successive spedizioni al relitto hanno confermato che è proprio quel che rimane dell’incomparabile Mars. La temperatura fredda e la bassa salinità hanno contribuito a conservare splendidamente lo scafo. Gli effetti delle esplosioni dei depositi di polvere da sparo sono ancora visibili nella prua squarciata. Sui ponti, giacciono sparpagliati come nel gioco dello Shangai i famosi cento cannoni maledetti.
Dentro le stive è stato recuperato anche un piccolo tesoro di monete con l’effige di re Enrico e la data di conio che precede di qualche anno quella dell’affondamento. La superba Makalös è stata ritrovata. Lo spettro “guardiano” deve aver deciso che era il momento giusto per riconsegnare la sua nave alla storia degli uomini e concedersi, dopo più di quattro secoli, una meritata vacanza.
Un subacqueo tecnico esplora i resti del Mars a 75 metri di profondità
Il suo nome per esteso era Makalös, aggettivo svedese che potremmo tradurre con “incomparabile” o “eccezionale”. Ma venne presto chiamata solo Mars ed era la nave più potente del suo secolo, orgoglio della Marina svedese e del suo grande re, Enrico XIV. Tre grandi alberi a vela spingevano sui freddi mari del nord il Mars e i suoi cento cannoni.
Una potenza di fuoco superiore a quella di tutti i vascelli di tutte le flotte messe in acqua dai regni di Grand Bretagna, di Danimarca, di Prussia e dell’Elettorato di Hannover, che contendevano alla corona svedese la supremazia sul golfo baltico.
Cento cannoni maledetti, ricavati dalla fusione di altrettante campane di bronzo che re Enrico, protestante, aveva confiscato alle chiese cattoliche. Una decisione “blasfema” che, secondo le leggende dell’epoca, fu la causa del tragico destino dell’incomparabile Mars.
Il vascello fu varato nel 1564 e – tanto per dimostrare che la storia sarà anche maestra di vita ma l’umanità ci mette niente a lasciarsela alle spalle – anticipò di 64 anni la tragedia del Vasa, altro superbo ed “inaffondabile” veliero svedese, che affondò a cento metri dal varo. Il Mars, perlomeno, alla sua prima e unica battaglia riuscì ad arrivarci.
Lo stesso anno del varo, la nave “incomparabile” affrontò la flotta danese al largo dell’isola Öland. Ironia della sorte volle che questa fu la prima battaglia navale in cui i cannoni, di cui il Mars era fornitissimo, furono adoperati per affondare le navi nemiche, invece di limitarsi a sparare a mitraglia per “spazzare” i ponti e facilitare l’abbordaggio, come si era fatto sino ad ora.
Ed infatti, nella prima fase della battaglia, il Mars ebbe la meglio ma subito i danesi si riorganizzarono e concentrarono sull’incomparabile un fitto lancio di palle di fuoco che incendiarono la nave.
Fu proprio la grande quantità di polvere da sparo che gli svedesi tenevano a bordo per “nutrire” i loro cento cannoni che, esplodendo, squarciò la nave a prua causandone un repentino affondamento. Il 30 maggio del 1964, l’eccezionale, incomparabile Makalös compì il suo destino e raggiunse le profondità degli abissi marini trascinando con sé almeno 700 marinai.
La battaglia di Öland e l’incendio del Mars dipinto da Claus Møinichen nel 1676
Il Mars era scomparso e già tra i marinai svedesi si mormorava di una maledizione, di una punizione divina scagliata contro la superbia di chi aveva profanato la sacralità delle campane per trasformarle in armi da guerra. Uno spettro, raccontano le leggende, abita il relitto della nave, pronto a scagliarsi contro i profanatori che osano navigare in quelle acque maledette e turbare l’eterno riposo del veliero.
E la maledizione pareva esserci sul serio! Per tanti anni, cacciatori di tesori e archeologi della Soprintendenza svedese hanno cercato i resti della nave senza mai concludere nulla. E se pensiamo all’attenzione con la quale la Svezia – a differenza dell’Italia – studia e gestisce il suo patrimonio archeologico sommerso, qualcosa di vero sembrava esserci, in quella favola dello spettro guardiano!
Ma neppure uno spettro può competere con le moderne tecniche di scandaglio satellitare. Il 19 agosto del 2011 una equipe di archeologi e tecnici subacquei localizzò, infatti, un misterioso relitto a 10 miglia a nord dell’isola di Öland ed a una profondità non impossibile per un subacqueo ben addestrato, 75 metri.
Successive spedizioni al relitto hanno confermato che è proprio quel che rimane dell’incomparabile Mars. La temperatura fredda e la bassa salinità hanno contribuito a conservare splendidamente lo scafo. Gli effetti delle esplosioni dei depositi di polvere da sparo sono ancora visibili nella prua squarciata. Sui ponti, giacciono sparpagliati come nel gioco dello Shangai i famosi cento cannoni maledetti.
Dentro le stive è stato recuperato anche un piccolo tesoro di monete con l’effige di re Enrico e la data di conio che precede di qualche anno quella dell’affondamento. La superba Makalös è stata ritrovata. Lo spettro “guardiano” deve aver deciso che era il momento giusto per riconsegnare la sua nave alla storia degli uomini e concedersi, dopo più di quattro secoli, una meritata vacanza.