Rino Island: la Repubblica delle isole che non ci sono

Il territorio di Rino Island è costituito da tutte le isole che i marinai hanno segnato sulla carta “per errore o perché avevano bevuto troppo rum”

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L’isola sconosciuta era lunga all’incirca un miglio marino ma larga al massimo un centinaio di metri. Quello che colpiva di più era la sua ricchissima vegetazione che brillava di un verde pallido tendente all’azzurrognolo. E ancora di più stupivano le centinaia e centinai di uccelli di specie che non avevo mai visto prima, che le volteggiavano sopra in danze folli e sfrenate”. Il capitano che in quel lontano 1879 veleggiava al largo della costa cilena di Valparaiso era un italiano e volle dare all’isola il nome della sua nave: Barone Podestà. Sui suoi diario di bordo segnò diligentemente la posizione dell’isola: 32° 14′ di latitudine sud e 89° 08′ di longitudine ovest.
Per più di mezzo secolo, i naviganti che battevano quella rotta aguzzarono inutilmente gli occhi per ammirare l’isola misteriosa. Niente da fare. Dell’isola di Podestà non c’era traccia. Solo nel 1935, l’isolotto fu depennato dalla carte nautiche come “inesistente”. Già, l’isola degli uccelli pazzi non esisteva e non era mai esistita. Era tutto uno scherzo partorito dalla fervida fantasia di un medium o di un “investigatore dell’occulto” se preferite chiamarlo così: un certo Hereward Carrington, che nel mondo anglosassone, a cavallo tra i due secoli scorsi, era noto quanto la nostra Eusapia Palladino. Se poi vogliamo dirla tutta, il fatto che il nome del capitano che aveva trovato l’isola di Podestà fosse Pinocchio, avrebbe dovuto far sospettare qualcosa, giusto?
Con i mezzi che tutti noi abbiamo a disposizione oggigiorno, è facile accertarsi che alle coordinate sopra indicate non ci sia altro che mare, mare e ancora mare. Cent’anni fa non era così e la parola di un medium un po’ cialtrone e un po’ buffone valeva come una ricerca su Google Map.

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Come tutte le nazioni, anche la repubblica di Rino ha una sua bandiera
Ma il fatto che che l’isola scoperta dal capitano Pinocchio sia inesistente non gli ha impedito di diventare la capitale di una nazione. La nazione delle isola che non ci sono. Altrimenti detta: la Repubblica di Rino Island. L’idea che è venuta ad un gruppo di artisti e attivisti politici cileni sta tutta in questo assunto: il fatto che un’isola non esista, non pregiudica che non possa essere eletta a capitale di uno Stato di isole che, al pari di lei, non esistono!
E così hanno scritto la loro dichiarazione di indipendenza, che hanno chiamato “Decreto de Declaración de Soberanía de Rino Island”. Ci sono isole che nessun Governo reclama – spiegano su questa loro Carta di Dichiarazione di Sovranità – “né il Chile, né il Perù, né l’impero spagnolo, né il Burundi, né altri Stati”. Di conseguenza ce le pigliamo noi e ci facciamo la nostra repubblica indipendente. E ce la facciamo pure più democratica e partecipativa di quella attualmente in vigore in Cile.
Avrete intuito che questa repubblica di isole inesistenti è nata, più che per altro, come una provocazione nei confronti del Governo di Santiago del Cile per chiedere una democrazia più compiuta. E’ nata così nel 2013 Rino Island, la nazione che comprende tutte le isole che non ci sono del mondo. Isole segnate per scherzo o per sbaglio dai naviganti “perché non sapevano fare il punto nave o perché avevano tracannato troppo rum”. Il nome Rino le viene dal suo fondatore, “el señor Rino”, che è anche il primo ministro del Governo della Repubblica. Rino è ovviamente un nome da battaglia. In Cile, come per la maggior parte dei Paesi sudamericani, non è salutare usare il tuo nome vero se fai qualcosa contro il Governo.
Come tante altre cose nate per gioco o per protesta, la Repubblica di Rino è sfuggita di mano dai suoi creatori. Ai nostri giorni si è dotata di una Carta Costituzionale e di un codice civile e penale. La Repubblica è cresciuta anche numericamente e conta più di un migliaio di cittadini. Tutti, ovviamente, costretti all’esilio in terra straniera perché non possono abitare isole che non ci sono. Ma nessuno di questi pazzi sognatori ha perso la speranza di trovare prima o poi una patria dove potersi sentire un libero cittadino. In fondo, spiegano, “la fede è l’ultima cosa che abbiamo da perdere”.