L’isola che venerava Filippo d’Edimburgo come un dio
05/04/2021 Archiviato in: LiguriaNautica
Nell’arcipelago di Vanuatu, la comunità tribale di Tanna celebrava il principe consorte recentemente scomparso come il Figlio del Vulcano
Più acqua che terra, nella libera Repubblica di Vanuatu. Se le cucissimo tutte assieme, le 83 piccole isole che compongono lo Stato insulare, a malapena coprirebbero una superficie di 12 mila chilometri quadrati. Come dire, un paio delle nostre provincie di medie dimensioni. In compenso, non manca l’acqua salata da quelle parti, considerato che l’arcipelago si distende per una lunghezza di oltre 800 chilometri che, tanto per fare un paragone, è pressappoco la distanza in linea d’aria che intercorre tra Genova e Palermo.
Siamo sul limite orientale del mar dei Coralli, nel bel mezzo del grande oceano Pacifico. A settentrione dell’arcipelago di Vanuatu, conosciuto anche col nome di Nuove Ebridi, troviamo le Isole Salomone, a levante le Figi ed a meridione la Nuova Caledonia. Le guide subacquee dipingono il mare che bagna le isole di Vanuatu come un vero paradiso per gli amanti delle immersioni e non soltanto per le sconfinate e coloratissime barriere coralline.
Negli azzurri fondali delle isole possiamo, infatti, esplorare enormi caverne sommerse e relitti storici, il più famoso e spettacolare dei quali è quello del transatlantico di lusso President Coolidge, che, durante il secondo conflitto mondiale, fu trasformato in una nave per il trasporto delle truppe Usa e affondato dai giapponesi.
L’arcipelago è abitato da varie comunità tribali, una della quali, i Kastom, stanno vivendo un evento particolarmente luttuoso. Da giorni centinaia di fedeli si sono riuniti nei luoghi di culto per celebrare e piangere, con danze ritmiche, rituali magici e sacrifici animali, la morte del loro grande dio: il principe Filippo d’Edimburgo.
Proprio così. I Kastom veneravano il consorte della regina Elisabetta, recentemente scomparso all’età di 99 anni, come l’incarnazione vivente di un dio. Racconta una leggenda diffusa in quelle isole, che il potente dio Vulcano avrebbe avuto un figlio dalla pelle bianca, il cui destino sarebbe stato quello di sposarsi con una potente regina di un Paese lontano, per seminare i semi di Tanna in quelle contrade remote e poi tornare nell’isola a fare il suo mestiere di dio vivente.
Il culto di Filippo cominciò nel 1974, quando il principe feca una visita nell’isola di Tanna ed incontrò una delegazione della tribù Kastom che gli offrì il kava, una tipica bevanda locale che si offre agli ospiti e che viene considerata come un‘offerta di cittadinanza. Sembra che il principe Filippo abbia svuotato il bicchiere tutto d’un fiato (evidentemente nessuno gli aveva raccontato che i Kastom preparano il kava masticando delle erbe locali e sputando in un vaso), il che fece intuire agli indigeni che Filippo era un vero figlio di quell’isola. Non mancava nemmeno la regina potente di un regno lontano e così i Kastom fecero 1 + 1 e proclamarono Filippo d’Edimburgo dio vivente.
Una cerimonia nell’arcipelago di Vanuatu. Foto Global-adventure
Quando Filippo venne a sapere che era diventato un dio, mandò – bontà sua – una foto con dedica agli abitanti di Tanna, che la trattarono come una reliquia e ricambiarono il dono con una mazza rituale, finemente incisa, con la quale in quell’isola si accoppano tradizionalmente i maiali.
Nel 2007, visto che il dio vivente non dava segno di preoccuparsi per le sorti dell’isola, una delegazione di indigeni Kastom raggiunse Londra e fu ricevuta a Buckingham Palace. Una volta giunto alla presenza del Principe consorte, il capo delegazione gli rivolse la domanda rituale chiedendogli se la papaya fosse matura. Con ciò, intendeva chiedere se fosse giunto il tempo per il figlio del vulcano di far ritorno a Tanna. Filippo d’Edimburgo, che era famoso in tutto il pianeta per le sue terrificanti gaffe, gli rispose che di come stesse la papaya non ne sapeva niente ma che ora faceva troppo freddo per spostarsi da Buckingham.
La delegazione indigena tornò nel suo arcipelago un po’ delusa ma senza perdere la fede. Ma ora che il Principe d’Edimburgo non c’è più, non si sono dimenticati di spedire un messaggio alla Regina per tranquillizzarla. “Gli dei – hanno scritto – non possono mai morire. Lo spirito del dio Filippo ha solo fatto ritorno nella sua isola per dimorare sotto il grande vulcano, suo padre, come vuole la profezia“. E qui, per sempre, sarà venerato dai suoi fedeli.
Più acqua che terra, nella libera Repubblica di Vanuatu. Se le cucissimo tutte assieme, le 83 piccole isole che compongono lo Stato insulare, a malapena coprirebbero una superficie di 12 mila chilometri quadrati. Come dire, un paio delle nostre provincie di medie dimensioni. In compenso, non manca l’acqua salata da quelle parti, considerato che l’arcipelago si distende per una lunghezza di oltre 800 chilometri che, tanto per fare un paragone, è pressappoco la distanza in linea d’aria che intercorre tra Genova e Palermo.
Siamo sul limite orientale del mar dei Coralli, nel bel mezzo del grande oceano Pacifico. A settentrione dell’arcipelago di Vanuatu, conosciuto anche col nome di Nuove Ebridi, troviamo le Isole Salomone, a levante le Figi ed a meridione la Nuova Caledonia. Le guide subacquee dipingono il mare che bagna le isole di Vanuatu come un vero paradiso per gli amanti delle immersioni e non soltanto per le sconfinate e coloratissime barriere coralline.
Negli azzurri fondali delle isole possiamo, infatti, esplorare enormi caverne sommerse e relitti storici, il più famoso e spettacolare dei quali è quello del transatlantico di lusso President Coolidge, che, durante il secondo conflitto mondiale, fu trasformato in una nave per il trasporto delle truppe Usa e affondato dai giapponesi.
L’arcipelago è abitato da varie comunità tribali, una della quali, i Kastom, stanno vivendo un evento particolarmente luttuoso. Da giorni centinaia di fedeli si sono riuniti nei luoghi di culto per celebrare e piangere, con danze ritmiche, rituali magici e sacrifici animali, la morte del loro grande dio: il principe Filippo d’Edimburgo.
Proprio così. I Kastom veneravano il consorte della regina Elisabetta, recentemente scomparso all’età di 99 anni, come l’incarnazione vivente di un dio. Racconta una leggenda diffusa in quelle isole, che il potente dio Vulcano avrebbe avuto un figlio dalla pelle bianca, il cui destino sarebbe stato quello di sposarsi con una potente regina di un Paese lontano, per seminare i semi di Tanna in quelle contrade remote e poi tornare nell’isola a fare il suo mestiere di dio vivente.
Il culto di Filippo cominciò nel 1974, quando il principe feca una visita nell’isola di Tanna ed incontrò una delegazione della tribù Kastom che gli offrì il kava, una tipica bevanda locale che si offre agli ospiti e che viene considerata come un‘offerta di cittadinanza. Sembra che il principe Filippo abbia svuotato il bicchiere tutto d’un fiato (evidentemente nessuno gli aveva raccontato che i Kastom preparano il kava masticando delle erbe locali e sputando in un vaso), il che fece intuire agli indigeni che Filippo era un vero figlio di quell’isola. Non mancava nemmeno la regina potente di un regno lontano e così i Kastom fecero 1 + 1 e proclamarono Filippo d’Edimburgo dio vivente.
Una cerimonia nell’arcipelago di Vanuatu. Foto Global-adventure
Quando Filippo venne a sapere che era diventato un dio, mandò – bontà sua – una foto con dedica agli abitanti di Tanna, che la trattarono come una reliquia e ricambiarono il dono con una mazza rituale, finemente incisa, con la quale in quell’isola si accoppano tradizionalmente i maiali.
Nel 2007, visto che il dio vivente non dava segno di preoccuparsi per le sorti dell’isola, una delegazione di indigeni Kastom raggiunse Londra e fu ricevuta a Buckingham Palace. Una volta giunto alla presenza del Principe consorte, il capo delegazione gli rivolse la domanda rituale chiedendogli se la papaya fosse matura. Con ciò, intendeva chiedere se fosse giunto il tempo per il figlio del vulcano di far ritorno a Tanna. Filippo d’Edimburgo, che era famoso in tutto il pianeta per le sue terrificanti gaffe, gli rispose che di come stesse la papaya non ne sapeva niente ma che ora faceva troppo freddo per spostarsi da Buckingham.
La delegazione indigena tornò nel suo arcipelago un po’ delusa ma senza perdere la fede. Ma ora che il Principe d’Edimburgo non c’è più, non si sono dimenticati di spedire un messaggio alla Regina per tranquillizzarla. “Gli dei – hanno scritto – non possono mai morire. Lo spirito del dio Filippo ha solo fatto ritorno nella sua isola per dimorare sotto il grande vulcano, suo padre, come vuole la profezia“. E qui, per sempre, sarà venerato dai suoi fedeli.