L’avventuroso ritrovamento della torpediniera Andromeda. Una memorabile impresa dei subacquei della Iandt (seconda parte)

Affondata il 16 marzo 1941 da un aerosilurante inglese davanti al porto di Valona, la nave militare è stata ritrovata da una spedizione subacquea dopo una emozionante immersione tecnica col trimix


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Scritto per LiguriaNautica - Come sempre accade in queste situazioni, i pescatori si rivelano un’importante fonte di informazione. Cesare Balzi, annota nel suo Gps molti punti interessanti dove vale la pena fare una immersione. Lo aiuta anche una nave oceanografica che gli concede l’opportunità di visionare i tracciati del suo side scan sonar che rileva il relitto di una nave spezzata in due tronconi adagiato a 53 metri proprio in uno di questi punti. Balzi non trascura le ricerche d’archivio e si reca a Roma, all’Ufficio Storico della Marina Militare, dove recupera molto materiale interessante, tra cui il teledispaccio del Comando di Valona che comunicava alla Regia Marina l’affondamento della torpediniera.
Tutto questo però non basta ad identificare il relitto. A quella profondità, in condizioni di visibilità certo non ottimali, servirà qualcosa di più preciso per dare un nome alla nave sommersa. Sempre lavorando con l’archivio, Balzi viene a sapere che l’Andromeda era armata con tre
cannoni da 100/47 millimetri, uno a prora e due a poppa, fabbricati a La Spezia, nello stabilimento Oto Melara del Muggiano, oggi stabilimento Leonardo Divisione Sistemi Difesa. Qui, grazie alla collaborazione delle associazioni Museo della Melara e Amici del Museo Navale e della Storia della Spezia, riesce a visionare una prima copia di questi cannoni e, successivamente, a scattare qualche foto di un’altra copia conservata presso il Museo Tecnico Navale della città ligure. “Esaminai le linee geometriche squadrate dello scudo, i tratti dell’affusto e della bocca da fuoco, tralasciando l’osservazione dei componenti più piccoli, sicuro che quelli del relitto dell’Andromeda sarebbero stati coperti da incrostazioni”, racconta. Questi cannoni saranno poi essenziali per identificare il relitto.
A questo punto, non mancava che immergersi nel relitto misterioso e scoprire se le tessere del puzzle si incastrano tra di loro.
“La Iantd Expedition Regina Margherita 2016 salpò così dal porto di Brindisi con destinazione Valona alle 23.30 del 7 dicembre, ripercorrendo la rotta dei convogli italiani diretti in Albania”, scrive Cesare Balzi. L’equipe, oltre che da Balzi, è composta da cinque esperti subacquei – Igli Pustina, Edoardo Pavia, Mauro Pazzi, Michele Favaron, Massimiliano Canossa – che scelgono il trimix come miscela di immersione. “La scelta dei gas da respirare nel corso di questa immersione era ricaduta su trimix 18/40 in bibombola come miscela da utilizzare sul fondo, oltre a un trimix 21/35 in bombola S80 e per le fasi di risalita trimix 50/20 in bombola S80 e ossigeno in bombola S40″, annoterà Balzi.
Il primo a immergersi è proprio lui col suo compagno di immersione Massimiliano Canossa.
 “Seguimmo la cima di discesa in maniera cauta, il chiarore diminuì a poco a poco e arrivammo sul pedagno nascosto sotto un fondale fangoso alla profondità di 53,5 metri. La visibilità non era ottima, ma un’ombra alta e scura si stagliava sulla nostra destra a tre metri dalla nostra posizione. Rivolsi il fascio di luce in quella direzione e apparve il profilo di una murata di una nave”.
L’immersione, grazie all’innegabile esperienza dei nostri subacquei, si svolge senza difficoltà, nonostante la visibilità sia precaria e le lamiere siano coperte da spugne, incrostazioni marine e stelle serpentine oltre che avvolte da numerose reti strappate ai pescatori. I sub riconoscono i tre cannoni ed identificano il punto in cui il siluro ha squarciato la fiancata, causandone l’affondamento. Nella prora della nave, inoltre, un subacqueo nota la
Stella d’Italia che orna i tagliamare di tutte le navi militari del nostro Paese.
Non ci sono più dubbi, Il relitto scoperto dalla Iandt Expedition è proprio quello della torpediniera Andromeda. Quello che rimane della nave da battaglia, giace oggi a poca distanza dalla Regina Margherita. E va anche ricordato che, tra le due navi, in quel fondale ricoperto da un fazzoletto di mare, se ne trova un’altra, il
piroscafo Po, che fungeva da nave ospedale durante il secondo conflitto. Anche esso fu silurato dagli Swordfish inglesi.
C’è poco da dire. Un tratto di mare, questo davanti a Valona, piuttosto sfortunato per la Regia Marina.