Le chiamano "tegnue"
18/07/2010 Archiviato in: Altro
Le più belle son grandi come un campo di calcio e sono caratterizzate da merlettature rocciose alte anche tre o quattro metri. Ma se ne trovano anche grandi pochi metri quadrati: sorte di semplici “lastrure” (lastroni) poggiate sul fondale sabbioso. Ma le tegnue non sono solo il paradiso sommerso del biologo marino che vi trova concentrate tutte le specie che popolano l’Adriatico. Le tegnue sono anche la terra di frontiera dell’archeologo subacqueo che non di rado vi scopre tesori archeologici come i resti di una naufragio d’epoca romana, un’antica ancora ammiragliato, brigantini dell’ottocento o anche resti di aerei della seconda guerra mondiale. E non sono esempi citati a caso.
Tutto quello che affonda nel nostro mare infatti, è destinato nel corso di pochi lustri, a risorgere a nuova vita, trasformandosi in una splendida tegnua grazie all’azione combinata di migliaia di specie di organismi costruttori.
I subacquei che le hanno visitate e che tutt’ora battono il mare con l’ecoscandaglio sempre aperto nella speranza di trovare ancora qualche tegnua inesplorata- le hanno battezzate con i nomi più poetici: la tegnua delle Spugne, coloratissima e spettacolare, la tegnua dei Fiori arricchita dalla presenza di migliaia di anemoni bellissimi ma urticantissimi anche se solo li sfiorate con i guanti di neoprene e poi commettete l’errore di toccarvi la pelle con quegli stessi guanti, la tegnua Ammiragliato dal nome di una antica ancora trovata sul fondale, la tegnua d’Ancona, una delle più grandi, dedicata allo scienziato che per primo studiò questo particolarissimo ecosistena marino. In mezzo a questa tegnua, tre anni fa, è stata posta una statua a grandezza naturale raffigurante la Madonna degli Abissi.
E ancora, la tegnua della Bomba sulla quale è stato trovato un siluro inesploso. L’ordigno è stato in seguito fatto brillare dagli incursori della Marina Militare e adesso c’è un bel buco circondato da una tegnua. C’è la tegnua Monte Bianco, forse la alta e la più spettacolare di tutte. Le tegnue di Chioggia, di sicuro le più famose, e le più fotografate!, diventate grazie all’impegno di Piero Mescalchin, presidente dell’Associazione Tegnue, un’area marina di tutela biologica.
Molte hanno nomi burleschi che richiamano storie boccacesche: c’è la tegnua del Mona dove il sub che l’ha scoperta non ci ha fatto precisamente una gran bella figura, la Gigia dedicata ad una nota ostessa –e non solo!- veneziana. E c’è la tegnua dei Corni: la moglie del sommozzatore che vi si immergeva aveva evidentemente altri hobby che la subacquea.
E tante, tante altre ancora. Non di rado considerate più o meno “segrete” da qualche subacqueo e conservate gelosamente nella memoria elettronica del suo Gps. Strumento che, come si sa, “non si presta mai neppure all’amico più caro”.
Secondo alcune stime, le tegnue scoperte sino ad ora nell’Adriatico sarebbero circa 2000 distribuite in maniera discontinua nella fascia costiera che va da Trieste alla Romagna, su una batimetrica che spazia dai 15 ai 30 metri.
Ma cosa sono esattamente le tegnue dal punto di vista di uno scienziato? Sono affiornamenti rocciosi piuttosto recenti –geologicamente parlando- formatisi all’incirca tra i 4 e i 5 mila anni fa e possono essere ricondotte essenzialmente a tre tipologie: 1) beachrocks: ovvero formazioni di rocce sedimentarie clastiche innalzatesi per sedimentazioni di sabbie o detriti organogeni. 2) rocce sedimentarie di deposito chimico formatesi in virtù della reazione del gas metano con l’acqua marina. Queste tegnue, che sono anche le più spettacolari, sorgono sopra i famosi giacimenti di gas sui quali l’Eni non nasconde i propri, contestati, appettiti! 3) Rocce organogene: ovvero strutture realizzate dall’azione stratificata di vari organismi costruttori, vegetali ma soprattutto di piccoli animali. Questi costruttori, per loro natura, necessitano di uno substrato solido e non sabbioso su cui ancorarsi e portare a compimento il loro ciclo vitale. Sono queste quindi le tegnue più battute dagli archeosub, perché lo strato organogeno roccioso nasconde non di rado, misteriosi relitti navali ancora tutti da scoprire.